mercoledì 29 ottobre 2008

The Scorpion #2 - By Faramir


Lo ammetto, ho sempre avuto un debole per le leggende con un forte potere politico nel backstage: da Ric Flair a Undertaker, da Triple H a Shawn Michaels, da Kurt Angle a Sting, forse solo con l'eccezione di Hulk Hogan – che ha l'unico merito di essersi trovato nel posto giusto al momento giusto per poi vivere di rendita – trovo che tutti costoro abbiano meritato sul campo (o meglio, sul palco) la posizione che occupano, ed abbiano buon diritto a far valere il proprio peso sulle storyline e sugli orientamenti delle rispettive compagnie. Se poi a questo si aggiunge che Sting resta uno dei miei preferiti di sempre, anche solo per il fatto di non aver mai combattuto nella WWE, capirete perché ho esultato come il peggiore dei mark alla sua vittoria a Bound for Glory, ipotizzata solo dal sottoscritto e da pochi altri.
Ci stava tutta, quella conclusione del ppv dell'anno della TNA, inclusa l'interferenza di Kevin Nash, come ci stava l'intervento di Mick Foley a risolvere Jarrett vs. Angle: non è stato overbooking, bensì una scelta coerente, con l'unico difetto della transitorietà. Sì, perché se un difetto questo Bound for Glory ha avuto (e un difetto non da poco, trattandosi teoricamente del culmine di un anno di TNA) è stata la sua natura di ppv di transizione, senza quel senso di completezza, soddisfazione, pienezza, che l'anno scorso aveva reso lo stesso ppv il migliore di tutto un anno di wrestling.
Un bel ppv, anch'io l'ho trovato addirittura superiore alle aspettative, in alcuni match, ma con quell'amaro in bocca che lasciano le situazioni incompiute. Gli anglofoni chiamano il finale a sorpresa di racconti, di film, di opere narrative in generale, sting in the tail, il pungiglione nella coda. Ebbene, un trionfo di Sting nella coda di Bound for Glory è certo stato un finale a sorpresa, ma – se vogliamo usare un'altra immagine narrativa che noi appassionati di Lost abbiamo ben presente – è stato anche un cliffhanger, nel senso che lo spettatore muore dalla voglia di sapere la storia come va avanti, sensazione che prevale sicuramente sul valore percepito del ppv appena visto. Sappiamo bene che Vince Russo ama scrivere il wrestling come scriverebbe un serial o ancor meglio una soap opera, e qui la sua mano si vede tutta. Non tanto per l'overbooking, che – ripeto – questa volta non è stato eccessivo e/o invadente, quanto per la scarsa focalizzazione sull'evento rispetto alle storyline in corso.
E infatti, fin dagli Impact successivi, la storia prende forma: la nascita dei Main Event Mafia era nell'aria, gli schieramenti si fanno più chiari, forse Sting riuscirà davvero a passare heel anche agli occhi del pubblico (notare però con quanta prudenza si stia gestendo questo sviluppo del personaggio), ma valeva la pena sacrificare un evento così importante come BFG IV per le esigenze di una storyline così già vista? Io ero di quelli che speravano che non si procedesse ad una replica di New Blood vs. Billionaires' Club, ma mi sto ricredendo, e anche la cintura delle Leggende assomiglia troppo alla Million Dollar Belt per non suonare scontata allo spettatore più che adolescente, e quindi per dare a tutta la vicenda un sapore ben poco esotico.
Non ci resta che vedere come e quanto l'evoluzione dei personaggi di Sting e Christian Cage (purché resti. Vi prego, non fatelo andare via!) possa rendere un po' imprevedibile la faccenda, perché altrimenti qui l'alternativa alla WWE si fa difficile, se si scava solo nelle storyline passate.
Non vogliamo nemmeno lunghi feud alla giapponese tra eterni tweener, o gli incontri chilometrici NWA-style che piacciono ai puristi, ma qualcosa di nuovo e di diverso ci vuole: gli auspici parevano positivi, ma ora qualche passo indietro sembra invece essere stato fatto.
La tagline della TNA è cross the line, che indica audacia, coraggio, voglia di andare oltre. E prendiamolo a quattro mani, questo coraggio, e attraversiamo quella linea che separa la tv spazzatura dalla serialità matura e innovativa, perché ancora una volta e sempre di più possa essere… showtime!

Faramir
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